Un educatore, più educatori: la “continuità”, secondo Giorgia e Federica

Un educatore è un punto di riferimento, un tramite con il mondo esterno, una figura di cui fidarsi e a cui affidarsi: per questo, “è un valore che la presa avvenga da parte di uno stesso educatore, dall’inizio alla fine del percorso, perché facilita il ragazzo o la ragazza a costruire un legame di fiducia con un adulto”. E’ il racconto, a due voci, di Federica (nome di fantasia) e di Giorgia, l’educatrice che la segue da due anni.

Con loro, cerchiamo di capire perché nei servizi, soprattutto in quelli rivolti ai minori, la continuità sia così importante. Ma anche come ci si possa arricchire, qualche volta, da un cambio inatteso e indesiderato.

L’intervista a Federica

Quante volte ti è successo di cambiare educatore di riferimento? Com’è andata?
Nel corso dei 4 anni ho cambiato 3 volte l’educatrice di riferimento. I rapporti con le tre educatrici sono fortemente influenzati dal mio stato d’animo in quel momento storico. Con la prima educatrice questo distacco non è stato estremamente sofferente poiché la conoscevo poco, i nostri caratteri non combaciavano molto e di conseguenza il rapporto non era molto significativo. La seconda esperienza è stata decisamente più forte e il distacco è stato spiacevole, perché mi ero sentita accolta in un momento di transito della mia vita e questo ha contribuito alla nascita di un legame più stretto.
Infine, the last but not least, ho incontrato Giorgia, che è ancora la mia educatrice di riferimento

Pensi che sia importante avere sempre lo stesso educatore/gli stessi educatori? Perché?
Si, nel caso in cui i due soggetti interessati si trovano in sintonia e che il loro rapporto sia sano e costruttivo, è preferibile mantenere lo/a stesso/a educatore/trice, perché si mantenga una continuità del rapporto e che facilita il ragazzo/a a costruire un legame di fiducia con un adulto di riferimento.

Pensi che possa essere positivo, in certi casi e per qualche ragione, che l’educatore cambi e non sia sempre lo stesso?
Come accennato prima, quando il/la ragazzo/a non riesce ad affidarsi all’educatore e quindi si crea un’impossibilità di costruire un rapporto di fiducia e simpatia reciproca, sarebbe meglio cambiare, poiché sarebbe frustrante per l’adulto che tenta di entrare nel mondo del ragazzo/a ma quest’ultimo/a lo rifiuta perché lo percepisce invadente e fastidioso.

C’è stato un educatore o un’educatrice a cui ti sei particolarmente legata?
Ovviamente si, e sono due: uno è Flavio e l’altra e Giorgia. Ma rimanendo in tema, approfondisco il rapporto con G.. All’epoca, quando divenne la mia educatrice di riferimento, era già presente nello staff, quindi la relazione non è partita da zero, ma grazie a questo ruolo il nostro rapporto si è intensificato ulteriormente, trasformandosi in un legame speciale.

Il racconto di Giorgia

Io sono entrata in Protettorato tre anni fa e sono stata subito inserita all’Isola del tesoro. Ho iniziato con due ragazzi, che poi per una serie di motivi (uno trasferito in altro servizio, l’altro in un’altra casa, sempre del Protettorato), ho dovuto lasciarli e sono subentrata su Federica, prima seguita da una mia collega. Veniva da un momento complicato e per lei ero la terza educatrice di riferimento in poco tempo. Per di più, lei non si apre con facilità. Ci ha aiutato il fatto che fossi già parte dello staff, quindi mi conosceva, ma inizialmente non si fidava di me. Quando un ragazzo arriva in casa famiglia, può percepire l’educatore come un estraneo, una figura esterna che deve relazionare su di lui al servizio. Piano piano, si è costruito un rapporto di fiducia e ora c’è un forte legame. Il rischio è proprio questo: che si vada a creare un legame troppo forte, che in certi casi non è del tutto funzionale.

E come si può evitare che la continuità si trasformi in attaccamento e addirittura in morbosità?
E’ fondamentale essere supportati, come staff, da supervisioni, riunioni con la psicologa e confronti tra noi. Così riusciamo ad aggiustare il tiro. E lavorando in staff, non prendiamo mai decisioni da soli, ma ponderiamo tutto con quattro diverse teste. Quando io ho preso in carico Federica., sono andata a sostituire la sua educatrice di riferimento, a cui era molto legata, Erica, che era stata trasferita a casa Pollicino. Federica ha risentito molto di questa separazione e inizialmente l’ha vissuta come un danno. Ora sono due anni che la seguo e posso dire che, in questo cambiamento, ha trovato anche un punto di forza, perché è riuscita a cambiare il suo modo di relazionarsi. Prima era molto selettiva, poi ha imparato ad aprirsi con altri. Certo, se ora dovesse cambiare di nuovo educatore, questo farebbe male a me quanto a lei.

La continuità è quindi un valore, soprattutto nel rapporto con i minori?

Sì, io penso di sì. Per esempio, proprio ieri si è concluso il percorso di un’altra ragazza, L. che è rientrata in famiglia, dopo un anno e mezzo. L’ho seguita io dal primo giorno all’ultimo, mi sono relazionata con i servizi, con la scuola, con la famiglia. Certo, lei si è relazionata anche con gli altri educatori, ma ha trovato in me una figura di riferimento importante. Questo è indubbiamente un punto di forza.

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