Il tirocinio in un racconto

La nostra Fondazione è un luogo di accoglienza a 360 gradi: bambini e bambine, ragazzi e ragazze, mamme e figli, ma anche giovani studiosi trovano la porta aperta e mani tese per accompagnarli nella scoperta del mondo in cui hanno scelto di impegnarsi. Con i tirocinanti, come con i giovani laureati che qui vengono a svolgere un periodo di “pratica”, si sviluppa un prezioso rapporto di conoscenza reciproca, in cui ciascuno impara e si arricchisce. Per le nostre strutture, i nostri servizi, e gli ospiti, i tirocinanti rappresentano un’importante risorsa, a cui si chiede di approcciarsi con mente, occhi e orecchie aperti, anzi spalancati. E mentre apprendono e mettono alla prova le loro conoscenze e competenze, i tirocinanti e le tirocinanti supportano educatori e psicologi nel loro compito quotidiano, diventando per un periodo un anello della catena di sostegno che tiene in vita questa comunità. In questa sezione, pubblichiamo i racconti di alcuni di loro. 

Maria Grazia Guglielmi

Sto concludendo il mio percorso di formazione come assistente sociale specialista. Nel mio corso di laurea magistrale sono previste 300 ore di tirocinio presso enti convenzionati sotto la supervisione di assistenti sociali esperti iscritti alla sezione A dell’albo degli assistenti sociali.

 Il periodo in cui mi sono trovata a svolgere il mio percorso di studio è stato fortemente influenzato dall’evento pandemico. Se la ripresa delle lezioni con modalità a distanza non ha richiesto tempi troppo lunghi è stato diverso per i tirocini.  Pochissime possibilità di trovare contesti in cui essere accolti e seguiti per via delle restrizioni che la scorsa primavera contraddistinguevano la vita di tutti noi. Mi sono messa alla ricerca di un luogo in cui poter svolgere il mio tirocinio che mi era rimasto come ultimo traguardo avendo praticamente concluso quasi tutti gli esami. Ero un po’ scoraggiata tante richieste e poche risposte tutte negative. Mi sono imbattuta nella Fondazione Protettorato San Giuseppe un po’ per caso anche se il lavoro con i minori era il mio focus di interesse. Ho scritto una mail al Centro Studi presentandomi e chiedendo aiuto e non solo mi è stato risposto in breve tempo ma ho anche trovato una squadra che aveva voglia di aiutarmi. In questo modo gli ostacoli legati alla mancanza di una convenzione sono stati superati firmandone una e ho avuto il privilegio di essere la prima tirocinante assistente sociale. Diciamo che mi sono sentita accolta fin dal principio. Come tirocinante mi sono impegnata in due aree di intervento diverse: con i minori stranieri non accompagnati in seconda accoglienza, con le famiglie e i bambini seguiti presso il Centro per le famiglie interno al Protettorato. Ho svolto le 300 ore di tirocinio svolte fra la primavera e l’estate di quest’anno. Avendo svolto una precedente esperienza di tirocinio in un servizio Municipale l’impatto è stato forte, le dimensioni della multidisciplinarietà dell’intervento, il lavoro fianco a fianco con professioni diverse, la continua condivisione della dimensione progettuale, il lavoro con i servizi che in questo cosa erano “invianti” è stata molto strutturante. La supervisione è stata costante Daniela per il Centro per le famiglie e Massimiliano per i minori stranieri non accompagnati, mi hanno aiutato a comprendere prima e poi a riflettere e rileggere la complessità dei legami famigliari e in questo modo ho imparato a guardare in più direzioni il lavoro che veniva svolto.

Se in una prima fase ho trascorso un tempo di osservazione che mi ha permesso di entrare nella complessità delle situazioni che vengono seguite, il contatto diretto con i ragazzi e le ragazze è stata la sfida più grande. Esattamente nel momento in cui ho toccato con mano le diverse situazioni mi sono accorta dell’enorme lavoro che bisogna fare su sé stessi per tenere a bada le proprie emozioni.

Ognuno di loro porta con sé una storia, fatta di traumi di esperienze sfavorevoli, di legami spezzati, di viaggi incompiuti, di solitudine e paura, che in alcuni casi hanno deciso di condividere anche o in alcuni casi proprio con me.

Ripongo nella mia cassetta degli attrezzi di futura assistente sociale una serie di insegnamenti fra cui:

  1.  l’importanza di non lavorare mai da soli, di essere inseriti in contesti supportivi e accoglienti, perché altrimenti è impossibile reggere la sfida del dolore altrui
  2. la necessità di prestare la massima attenzione alle reti dei servizi istituzionali per fare in modo che non prendano la forma delle persone che cercano di aiutare.
  3. L’importanza di una supervisione costante che dovrebbe accompagnare tutti il processo professionale dell’assistente sociale, perché la crescita professionale non finisce mai.

È difficile ridurre a parole ciò che ha innescato in me quest’esperienza e quello che mi ha lasciato, porto con cura e custodisco con attenzione ogni sguardo, gesto, lezione, parola e situazione con cui mi sono sperimentata. Sento di esser cresciuta molto e di aver acquisito alcune competenze che probabilmente prima non avevo. Il confronto è stato uno degli “strumenti” che mi ha aiutata nei momenti difficili, se da un lato mi faceva paura mettermi in gioco per le critiche che potevo ricevere, dall’altro mi ha fatto capire che non bisogna aver timore di mostrare le proprie debolezze.

Sono entusiasta e soddisfatta del mio percorso grazie al supporto dei miei tutor che ringrazio per il loro appoggio e sostegno, per le loro conoscenze e per la fiducia che hanno riposto in me nell’accogliermi in Fondazione per quest’esperienza.

Già dal primo giorno in cui sono entrata in Fondazione per un primo colloquio conoscitivo con Daniela a Massimiliano, ho sentito che mi trovavo nel posto giusto, una sorta di “Isola che non c’è”, dove per un attimo dimentichi tutto quello che c’è fuori e respiri le storie, i vissuti e le emozioni dei ragazzi e delle ragazze presenti nella Fondazione e ti accorgi che in quel momento i loro “dolori” sono anche un po’ i tuoi. 

Molti istanti ma anche molti volti porto con me e dentro di me. Sicuramente si è rivelata un’esperienza professionale ma anche umana molto positiva, sia per aver avuto dei tutor impeccabili e molto professionali, sia per essermi confrontata con una nuova realtà in cui le emozioni erano messe in gioco ogni momento. La Fondazione ha rappresentato per me, durante il periodo del tirocinio, una grande famiglia, dove accogliere rappresenta la parola d’ordine a cui tutti fanno riferimento. Proprio grazie all’esperienza in Fondazione ha preso vita la mia tesi di laurea magistrale dal titolo “L’ascolto del minore” in cui si analizzerà il tema dell’ascolto dei minori nei procedimenti giudiziari ed il ruolo dei servizi sociali e la tutela minori e i rapporti dei servizi sociali con la magistratura.

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