Green Pass per lavoratori e volontari: tutte (o quasi) le risposte

Non si entra senza Green Pass: quello che fino a ieri valeva solo in certi luoghi (dalla sanità ai trasporti, dalla ristorazione ai cinema, dalle palestre ai teatri) da oggi vale anche in tutti i luoghi di lavoro: entra infatti in vigore quanto previsto dal decreto 127/2021, che estende l’obbligatorietà del Green Pass nei “luoghi di lavoro pubblici e privati”: una misura che vale anche per i volontari. A fare chiarezza su questa novità, ci pensa il Centro Servizi per il Volontariato di Torino, che insieme all’avvocato Davide Nizza ha dedicato una scheda a questo che considera “uno dei temi più caldi del momento”.

Il dl 127/2021 prevede, all’articolo 3, che

a  chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai  luoghi in  cui  la predetta  attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19.

E, ancora:

La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria  attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi  di  cui  al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.

Ciò significa, chiarisce l’avvocato Nizza, che “chiunque (con poche e specifiche esenzioni) svolga un’attività lavorativa o di volontariato deve possedere il Green Pass, indipendentemente da quale sia l’attività ed il luogo in cui essa si svolge. O, per dirla con altre parole, chiunque ‘faccia il volontario’, così come ogni altro lavoratore, deve possedere il Green Pass. L’assistere un disabile, il servire in una mensa solidale, l’eseguire un trasporto, il fornire informazioni in uno sportello, l’accudire animali in un rifugio, l’intrattenere un gruppo di bambini o qualsiasi altra fra le mille possibili ‘attività di volontariato’ implica perciò il possesso del Green Pass da parte di colui che la mette in atto”.

Nessun dubbio, quindi: per entrare in una struttura come quella della Fondazione Protettorato San Giuseppe, anche i volontari dovranno essere “armati” di Green Pass.

Resta, certo, la questione dei controlli: a chi spetta verificare il possesso e la validità della certificazione? Se in una fabbrica o in altri luoghi di lavoro la risposta può essere semplice, in altri contesti lavorativi, come quello appunto dei servizi e della cura, la questione è molto più complessa. La norma fa esplicito riferimento al datore di lavoro come soggetto su cui incombe l’onere di verificare il rispetto delle prescrizioni circa il possesso della certificazione verde – spiega Nizzi – Laddove non vi siano dipendenti e, quindi, in assenza di un datore di lavoro propriamente detto, il concetto generale da rispettare è che, anche in questo caso, la responsabilità è di colui che ‘organizza’ l’attività del volontario ( cioè l’associazione di appartenenza e, quindi, chi la rappresenta) che deve perciò verificare ( a pena di sanzioni piuttosto rilevanti ) che i ‘suoi’ volontari abbiano la prescritta certificazione verde”.

Non è chiaro, invece, “come si debbano comportare i volontari ‘sciolti’ (o non organizzati ), la cui esistenza peraltro è ammessa, ad esempio, dall’art 17 del Codice del Terzo Settore (comma3) .  Anche su quest’ultimo argomento si auspicano futuri chiarimenti ministeriali”.

La Fondazione Protettorato di San Giuseppe ha elaborato un proprio protocollo per la verifica del Green Pass a tutela degli ospiti delle case e dei volontari stessi. Tutte le informazioni potranno essere richieste al momento dell’ingresso. 

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